Un caso di cui si è parlato poco. Anzi, praticamente niente. Eppure il caso dei circa 300 cavalli morti in Brasile da maggio a giugno 2025 per una intossicazione alimentare dovrebbe interessarci per più di un motivo.
In primis per i cavalli morti naturalmente. In seconda battuta perché l’Italia è un consumatore economicamente rilevante di carne equina proveniente proprio dal Brasile.
Il fatto risale a circa metà del 2025. Improvvisamente, in quattro stati del Brasile – Minas Gerais, São Paulo, Rio de Janeiro e Alagoas – si sono verificate un numero sospetto di morti di cavalli. A luglio, il Ministero dell’Agricoltura brasiliana (Ministry of Agriculture, Livestock and Supply, il Mapa) ne contava 284. E sulla scorta di una indagine scientifica, veniva definito che la causa di tante morti fosse da attribuire a un mangime contaminato con sostanze tossiche.
A seguito dell’indagine e dei risultati ottenuti, un tribunale revocava a una ditta di mangimi la licenza temporanea, in quanto l’alimento prodotto dall’azienda non era – già in partenza – specificatamente formulato per cavalli.
Secondo gli inquirenti, la contaminazione del mangime in oggetto era il risultato diretto di gravi carenze nel controllo di qualità delle materie prime utilizzate nella produzione.
La presenza di residui di alcune piante e le sostanze da queste derivanti, in particolare la monocrotalina, sono state secondo gli esperti il mix fatale che ha causato il disastro
Dove nasce il problema
In larga parte dei terreni brasiliani destinati alla produzione di foraggi che vengono poi usati nelle preparazioni dei mangimi per uso animale, viene seminata la Crotalária, una pianta considerata miglioratrice del terreno, indicata soprattutto per terreni poveri e sabbiosi.
Peccato però che, secondo quanto spiegano gli esperti, proprio i suoi semi e fagioli contengano alcaloidi tossici che devono essere rigorosamente eliminati prima di qualsiasi destinazione alla produzione di mangimi. Processo che nel caso specifico è fallito.
Ma c’è di più… Esperti e veterinari avvertono che i sintomi di avvelenamento da monocrotalina non sono istantanei e possono manifestarsi mesi dopo il consumo iniziale. La sostanza, accumulandosi progressivamente nell’organismo degli animali, provoca danni graduali.
Ciò potrebbe significare che nel caso di animali che arrivano alla filiera alimentare prima della conclamazione dell’avvelenamento, potrebbero (il condizionale è d’obbligo) non essere rilevati. Portando di fatto nel piatto di chi consuma carne equina, alimenti non sani.
Sulla scorta del concetto di One Health, se il detto ‘siamo quel che mangiamo’ vale per noi, vale sicuramente anche i i cavalli.
E proprio per questo motivo, il Brasile non è poi così lontano…























